Omaggio a Michelangelo. Due mostre fotografiche

Nel 2025 la Fondazione Alinari ha realizzato due mostre fotografiche dedicate a Michelangelo, icona assoluta dell’arte rinascimentale, nell’anno del 550° anniversario della sua nascita.
Le esposizioni, allestite a Carrara e a Firenze, hanno presentato una selezione di immagini tratte dagli Archivi Alinari che documentano l’opera di Michelangelo Buonarroti. Il percorso espositivo ha raccolto alcuni episodi significativi della produzione fotografica storica degli atelier Alinari, Brogi e Anderson: tre realtà che, dalla metà dell’Ottocento per oltre un secolo, hanno contribuito in modo determinante alla diffusione internazionale dell’arte italiana e del genio michelangiolesco.
Le due mostre sono poi confluite in un catalogo unico, edito da Sillabe.

Giganti di marmo

Nel 1504 era stato svelato agli occhi dei fiorentini il David: “quella statua ch’è posta in fin à hoggi, inanzi alla porta del palazzo della signoria, nel estremo della ringhiera, chiamata da tutti il Gigante.” Icona massima universalmente conosciuta, l’opera con la quale, secondo il Vasari, Michelangelo avrebbe vinto gli antichi.

Ma come presentare oggi, tra i tanti scatti di archivio disponibili, l’opera forse più copiata e riprodotta al mondo, un’immagine così riconoscibile, così enormemente utilizzata e in qualche modo “abusata”? E Michelangelo, come avrebbe voluto che fosse visto il suo David, che sembra apparire rigido in alcune fotografie e straordinariamente mobile in altre?

Abbiamo scelto di rappresentare il David attraverso tre dettagli del volto, realizzati in periodi diversi dell’Archivio Alinari e dell’Archivio Anderson.

Tre fotografie che ci mettono quasi faccia a faccia con il giovane gigante, e che, in qualche modo, esplicitano il valore concettuale di quest’opera famosissima: qui Michelangelo ha scelto di rappresentare non un’azione, ma i valori intangibili, morali e intellettuali che precedono l’azione.

Giganti di vetro

I Fratelli Alinari seppero rimaner sempre alla testa di ogni progresso […] e furono medesimamente eseguite quelle riproduzioni dei quadri più ricercati delle nostre Gallerie, in dimensioni non mai tentate e neppure pensate giacché si trattava di preparare delle lastre che misuravano persino metri uno e centimetri quindici d’altezza e centimetri ottantacinque di largo.” Così nel 1890 Il critico d’arte Diego Martelli elogia il lavoro di Giuseppe Alinari, sperimentatore con grandi conoscenze tecniche a cui sarebbe da attribuire l’invenzione di questi giganti di vetro.

Le lastre negative di formati eccezionali, conservate negli Archivi Alinari, sono un patrimonio unico al mondo. 170 opere sulle quali è iniziato un progetto di studio e restauro teso a chiarire modalità e tecniche di produzione. Queste lastre permettevano di ottenere stampe a contatto di grandi dimensioni: una sfida complessa per l’epoca.

Gli Alinari e Michelangelo

Il solo nome di Michelangelo “basta a far battere in ritirata tutti gli artisti moderni”. Così Leopoldo Alinari scrive nel 1855, riferendosi alle riprese del Tondo Pitti, allora nella Galleria degli Uffizi. Le opere dell’artista, già mito in vita, saranno tra i soggetti privilegiati e campo di prova per la sperimentazione tecnica degli esordi della Fratelli Alinari.

Nel periodo in cui la società è sotto la guida del fondatore Leopoldo (dal 1852 al 1865) e, alla sua morte, dei Fratelli Giuseppe e Romualdo (1865-1890), i soggetti michelangioleschi si accrescono rapidamente.

A partire dalla direzione di Vittorio Alinari (1890-1920) la dimensione industriale dell'azienda impone di fissare criteri per gli operatori che effettuano le riprese, a garanzia della qualità e della riconoscibilità della firma Alinari. Criteri a cui ci si atterrà per tutta la prima metà del Novecento, fedeli a quello “stile” Alinari che, anche quando la fotografia avrà preso piena consapevolezza delle proprie capacità espressive, continua a mettere al centro il soggetto, senza contrasti di luce che lo drammatizzino o tagli ad effetto dell’inquadratura.

Che riprendano l’insieme o un dettaglio di un’opera, gli Alinari sembrano lasciare che sia Michelangelo senza "intermediari" a parlarci.

Brogi e le sculture della Sacrestia Nuova

Il 10 giugno 1940 l'Italia entra in guerra. Tra il 1940 e il 1943 le sculture di Michelangelo della Sacrestia Nuova in San Lorenzo vengono rimosse dalla collocazione originaria per la loro messa in sicurezza e trasportate nella Villa della Torre a Cona nel Comune di Rignano sull’Arno dove rimangono fino al novembre-dicembre del 1945.

L’occasione di riprendere le opere michelangiolesche a tutto tondo da terra, di indagarle da ogni lato, di mettere in luce particolari in circostanze normali invisibili, rappresenta un momento particolarmente significativo.

La campagna fotografica Brogi va oltre il fine della documentazione. La visione univoca dell’opera si frantuma in una sorta di campionatura dei vari punti di vista. Su fondo nero e isolate da elementi di contesto, le sculture si moltiplicano in sequenze, proponendoci una rilettura di questi capolavori.

Le cave di Carrara nell'archivio Corsini

Se Firenze prima, e Roma poi, saranno le città dove Michelangelo visse e diede vita alle sue opere, Carrara, con le sue cave, è stata per l’artista un luogo fortemente significativo. Da quei massi di bianco puro, scelti personalmente sul luogo con l’aiuto di scalpellini e cavatori locali, possiamo immaginare abbia preso avvio la genesi creativa di tanti capolavori.

Per documentare le cave di Carrara è stato scelto l’archivio di Augusto Corsini, che le immortala in vedute che evidenziano la mutevolezza paesaggistica, il duro lavoro di estrazione, le tecniche di lavorazione e le modalità di trasporto. Ne emerge in controluce uno spaccato sociale della Carrara della prima metà del Novecento.

Vedere Michelangelo

Le opere di Michelangelo devono aver generato numerosi quesiti sulle scelte tecniche ed estetiche da mettere in campo per la loro riproduzione nel limitato spazio bidimensionale della stampa fotografica.

Se fin dagli anni Cinquanta dell’Ottocento gli Alinari raggiungono una particolare maestria nella fotografia di architetture e scultura, più complessa è stata l’elaborazione dei criteri per fotografare le pitture che necessitavano dell’illuminazione artificiale e, in contesti monumentali, di ponteggi per raggiungere i soggetti a grandi altezze. Ne è rara testimonianza una straordinaria fotografia di backstage realizzata dagli Alinari durante la campagna fotografica nella Cappella Sistina del 1904, dove è protagonista un monumentale ponteggio su ruote e scala interna su cui svetta la grande macchina fotografica.

Certo è che l’educazione dei fotografi fiorentini maturata sulle opere del Rinascimento toscano - e, tra queste, anche i disegni di Michelangelo conservati agli Uffizi ripresi negli anni Cinquanta dell’Ottocento - li porta a privilegiare, nella riproduzione di opere pittoriche, un focus sulle figure, anziché su elementi di contesto paesaggistico.

Sulla Sistina lo stabilimento fotografico Anderson compie un lavoro di ripresa davvero imponente. Domenico Anderson, a partire dal 1882 e poi tra il 1898 al 1904, produce più di 400 lastre negative.


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